La mindfulness si focalizza sulle sensazioni dolorose e spiacevoli, ne scoraggia l’evitamento e insegna a convivere con tali sensazioni in uno stato di consapevole accettazione. Il potenziale della meditazione di consapevolezza, riferito all’autoregolazione del dolore cronico, prevede di osservare le percezioni del corpo come pure e semplici sensazioni. Con la pratica quotidiana si apprende la capacità di osservazione non identificata della sensazione dolorosa e a percepire il processo cognitivo che la accompagna e che porta a etichettare quella sensazione come sbagliata, ingiusta e intollerabile. 

Coltivando nel tempo questa pratica, si arriva a una trasformazione: la reazione fisiologica intensa che fa seguito alla sensazione di dolore, insieme a tutta la parte accessoria della sua interpretazione cognitiva, perdono gran parte della loro energia. Questa evoluta attitudine alla non identificazione produce un disaccoppiamento, una discriminazione della componente cognitiva (giudicante) da quella sensoriale del dolore e da quella affettiva (reazione emozionale). Il dolore, nella sua forma fisica e reale, può non diminuire, ma i suoi coefficienti cognitivi ed emozionali diminuiscono, riflettendosi su una riduzione complessiva dell’esperienza dolorosa.

Con questo disaccoppiamento si ottiene un aumento dell’attenzione e un affinamento della consapevolezza. I benefici dell’autoregolazione non si limitano alla pratica ma si elicitano anche nella vita quotidiana. Quello che accade con la percezione del dolore sopravviene anche con le emozioni negative e con i pensieri automatici e ruminativi del quotidiano. L’esperienza della mindfulness si può riassumere come la disidentificazione dai contenuti dell’esperienza e lo spostamento del focus della coscienza sul versante della consapevolezza, esperienza che si ripete ogni volta che entriamo in relazione con lo spiacevole.